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Archive for Oscar Wilde

Intervista a Giacomo Costa

di Andrea Sterpa
13 novembre 2006

AS: Oggi l’arte è legata ad un “sistema”, piuttosto che a correnti o gruppi come avveniva fino a poche decine d’anni fa. Credi sia un bene, un male, o semplicemente questo è lo specchio della società contemporanea?
GC: Nella mia esperienza d’artista faccio difficoltà a identificare un “sistema dell’arte”. Vedo e conosco tante realtà nazionali e un certo numero di legami internazionali che dipendono molto anche dalla capacità stessa di attrarre, trascinare e creare pensiero delle singole nazioni più che dal volere o dal potere di quel critico o di quell’altra galleria. Esistono invece molteplici ambiti culturali transnazionali ai quali si riferiscono ed operano i singoli artisti. Internet e la globalità della comunicazione hanno probabilmente svincolato l’artista dalla necessità di condividerefisicamente un gruppo o una corrente. Si può essere inseriti in un mondo stando isolati per conto proprio senza per questo essere provinciali o esclusi.
AS: Quanto è importante, oggi, il rapporto con altri artisti?
GC: Non saprei, per me non lo è se si intende di rapporto diretto… enorme (come sempre lo è stato) se ci si riferisce all’aspetto culturale relazionale. Io continuamente mi ispiro e interagisco con lavori di artisti e non solo.Sarebbe impensabile non relazionarsi, sarebbe una sorta di isolamento culturale antistorico e in controtendenza con l’attuale modo di intendere la cultura.
AS: E quanto la comunicazione nel tuo modo di vivere e/o di fare arte?
GC: Come dicevo, la comunicazione è la base delle principali innovazioni di questo periodo, sms, email e internet sono diventati il nostro nuovo linguaggio e il principale e quasi esclusivo canale di comunicazione di pensieri e contenuti di ogni genere. Credo che per chiunque la comunicazione sia centrale.
AS: Qual è stato il tuo primo lavoro?
GC: Ladro di moto e piccolo spacciatore se ti riferisci alla fonte di reddito, l’agglomerato n.1 se ti riferisci alla mia ricerca artistica. Anzi direi i miei autoritratti in polaroid…anche se erano più un gioco.
AS: Esiste una chiave di lettura per interpretare quello che fai?
GC: Esiste una mia chiave personale che non ho intenzione di rivelare poiché andrebbe ad influenzare quella degli altri spettatori. Le opere d’arte hanno lo scopo di creare emozioni e andare a dialogare con le esperienzeindividuali di chi guarda. Ciascuno deve proiettare i propri stati d’animo, la propria cultura e il proprio bagaglio culturale su ciò che vede davanti. L’opera deve solo rappresentare un punto interrogativo, uno stimolo allariflessione. Altrimenti è una didascalia, una illustrazione.
AS: Chi è il fruitore ideale delle tue opere?
GC: Chiunque.
AS: C’è, o c’è stato, un artista che ha ispirato il tuo lavoro?
GC: Sono migliaia gli artisti che mi hanno ispirato. Ma nel senso di formare la mia cultura, il mio mondo visivo, il mondo dei miei sogni e quant’altro. Come è facile intuire non saprei neppure identificarli!
AS: Ami esprimerti maggiormente con le immagini o con le parole?
GC: Amo molto ciò che faccio ma amo altresì parlare, incontrare e scrivere.
Dunque amo comunicare in tutti i modi possibili. Non sempre mi piace troppo parlare del mio lavoro…conflitto di interessi!!! Un’artista non dovrebbe parlare dei proprio lavori…di solito tende a dire banalità che finiscono per rovinare la lettura del lavoro stesso!
AS: ”Ogni cosa che faccio è celebrazione, sono veramente ossessionato dalla vita, e la morte è il punto in cui la vita si ferma. L’arte riguarda la vita e non può proprio riguardare nient’altro. Non c’è nient’altro. Quanto ti rispecchiin questa affermazione di Damien Hirst?
GC: Mah, mi sembra una frase romantica alla Oscar Wilde che conferma quanto detto sopra! Anche se volendo potrei anche non trovarla del tutto fuori luogo.
AS: Il tuo prossimo progetto?
GC: Finire la bottiglia di Fernet che ho appena aperto!